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«Fact Check», un’etichetta contro le bufale online

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• La cosiddetta «libertà del web». Se ne sta facendo un gran parlare, di questi tempi. Internet, si sa, pullula di «blogger amatoriali» (così vengono definiti quei titolari di blog o siti web non iscritti all’Ordine dei Giornalisti) che non solo ignorano le norme vigenti sulla privacy ma anche le varie discipline giuridiche, le leggi sulla stampa, sul diritto d’autore, la deontologia professionale, l’etica, e via dicendo. Questo perché i vari provider, operanti in Italia, consentono a un qualsiasi utente che dispone di una connessione di aprire delle pagine web d’«informazione», senza preoccuparsi neppure minimamente di avvertirli dei loro limiti, di ciò che possono fare e di ciò per legge non è invece loro consentito: cioè improvvisarsi «operatori dell’Informazione» e veicolare «notizie». Con risultati, spesso (ahinoi!) tutt’altro che gratificanti…
Ora, finalmente!, ecco una buona notizia. La disinformazione online (e la diffusione di bufale nella Rete) costringe le piattaforme web a prendere le dovute contromisure. Dopo la guida per gli utenti sulle «fake news» messa a punto da Facebook, arriva l’etichetta di verifica, «fact-checking», nel motore di ricerca di Google e in Google News.
«D’ora in avanti» – sottolineano i vertici della società di Mountain View in un comunicato stampa – «quando viene effettuata una ricerca, Google restituisce un risultato che contiene la verifica dei fatti. Questa informazione verrà chiaramente visualizzata nella pagina dei risultati di ricerca. Verranno mostrate informazioni sulla dichiarazione verificata, da chi è stata fatta e se una fonte ha verificato quella particolare dichiarazione. Le verifiche non sono fatte da Google ma da media ed editori che per usufruire di questa etichetta devono utilizzare gli standard sviluppati da Schema.org, Duke University Reporters Lab e da Jigsaw», la sezione di Google che si occupa di soluzioni tecnologiche.
«Rendendo queste attività di fact-checking più visibili nei risultati di ricerca» – sottolineano Justin Kosslyn, Product Manager di Jigsaw e Cong Yu, ricercatore di Google Research – «riteniamo che gli utenti possano esaminarle e valutarle con maggiore facilità per formarsi così opinioni e pareri informati. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di altre organizzazioni e senza il sostegno della comunità di fact checking, che è cresciuta fino a includere più di 115 organizzazioni».
Insomma, un’iniziativa degna di lodi che – quanto pare – sembra intenzionata a cambiarre radicalmente il modo di vivere in Rete.
 

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Bimbo di 4 anni salva la mamma svenuta, allertando i soccorsi via Web

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Dalla Stampa britannica arriva una storia a lieto fine che ha come protagonisti – pensate un po’ – un bimbo di quattro anni e «Siri», l’assistente vocale dell’iPhone.
Una giovane madre ha avuto un malore mentre si trovava a casa da sola con i figli: due gemelli di quattro anni e un bimbo di tre. Quando la donna si è accasciata a terra e non rispondeva più ai richiami dei piccoli, uno dei due fratellini maggiori ha preso lo smartphone e l’ha sbloccato usando l’impronta digitale del pollice della mamma, poi ha attivato l’assistente vocale «Siri».
Fortunatamente, il numero di emergenza è preimpostato in tutti i telefoni, e così il piccolo Roman (4 anni) è riuscito a contattare  un operatore e a chiedere aiuto.
Il personale del 999 britannico, a quel punto, è riuscito a localizzare la zona da dove stava chiamando il piccolo Roman e ad inviare un’autoambulanza presso l’appartamento, ubicato in un sobborgo a sudest di Londra: Kenley/Croydon.
In meno di 15 minuti il personale paramedico, dopo aver sfondato la porta dell’appartamento, ha trovato la giovane madre in stato di incoscienza accanto al bambino di quattro anni che ha chiesto aiuto, al fratello gemello e al terzo fratello più piccolo. La rianimazione – secondo quando dichiarato dai soccorritori – è avvenuta «appena in tempo». Un ritardo, anche di un quarto d’ora, avrebbe causato gravi danni alla salute della donna o addirittura il rischio di morte.
Una storia a lieto fine che può essere da esempio per le altre famiglie con bimbi piccoli. Per questo la polizia di Londra ha rilasciato l’audio della telefonata con l’obiettivo di informare il pubblico sulla dinamica dell’incidente. «La speranza», hanno dichiarato le autorità ai giornalisti – «è che in questo modo i genitori capiscano perché è importante insegnare ai figli come comportarsi in caso di emergenza. Soprattutto in un’epoca tecnologicamente avanzata e costantemente connessa a Internet».
«Ascoltare la telefonata di questo bimbo è centrale per capire l’importanza di insegnare ai bambini piccoli l’indirizzo di casa correttamente e come si fa a chiamare la polizia o i servizi di emergenza in caso di un incidente domestico o di una situazione pericolosa», ha spiegato il Commissario capo Ade Adelekan. «È una storia da raccontare sia per lo spirito d’intraprendenza del piccolo Roman, che è riuscito a sbloccare lo smartphone e a chiedere aiuto a Siri, sia per la facilità con la quale si possono usare questi sistemi digitali. È talmente facile che anche un bambino di quattro anni riesce ad utilizzarli. La giovane madre salvata, in questo caso, si è detta molto orgogliosa dei suoi bambini».

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